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06mag

Omesso versamento Iva: epidemia COVID-19 rientra tra le cause di forza maggiore

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L'omesso versamento dell'Iva: l'epidemia COVID-19 rientra tra le cause di forza maggiore?

In data 8 aprile 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Liquidità (D.L. n. 23 del 8 aprile 2020). Tra le misure di carattere fiscale adottate per venire incontro alle imprese, si segnala l'art. 18, rubricato “Sospensione di versamenti tributari e contributivi”.

Tale disposizione è destinata a trovare applicazione per gli esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta e nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta. Per tali soggetti sono sospesi, rispettivamente, per i mesi di aprile e di maggio 2020, versamenti delle ritenute fiscali e previdenziali, i versamenti IVA.

Ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza la sospensione trova applicazione a prescindere dal volume dei ricavi e dei compensi del periodo d’imposta precedente. La sospensione trova altresì applicazione anche per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 50 milioni di euro che hanno subito una riduzione del fatturato superiore al 50 per cento.

Un aspetto che, già dalla semplice lettura del testo dell'art. 18, balza immediatamente all'occhio, è dato, oltre che dalle soglie d'accesso a tale misura, dal ristretto ambito temporale in cui la norma è destinata ad operare.

Allo stato, sempre che non intervengano in futuro eventuali proroghe di tale misura, è destinato ad operare esclusivamente con riferimento ai mesi di aprile e maggio 2020, anche se è facile immaginare che le conseguenze negative dell'epidemia sul sistema economico si svilupperanno anche successivamente ai mesi per i quali è stato previsto il differimento dei versamenti tributari e contributivi.

Da ciò ne deriva che potrà, purtroppo, accadere che le imprese in difficoltà, si trovino magari costrette, per poter proseguire l'attività, a destinare le risorse economiche all'esercizio dell'attività di impresa, rimanendo inadempienti rispetto agli obblighi di carattere fiscale e contributivo.

Pertanto, preso atto che la crisi innescata dall'emergenza sanitaria in corso spiegherà i suoi effetti ben oltre il periodo temporale coperto dalle misure di aiuto alle imprese ad oggi stabilite dal Governo, resta da chiarire quali saranno i possibili scenari, in termini di conseguenze legali, ad oggi ipotizzabili, rispetto alla situazione di quegli imprenditori che, eventualmente, trovandosi di fronte all'alternativa sopra prospettata sceglieranno di destinare le risorse, limitate, all'esercizio dell'attività aziendale.

L'omesso versamento IVA costituisce, ai sensi dell'art. 10 – ter del D. Lgs. 74/2000 reato.

La criminalizzazione di tale omissione è avvenuta di recente, infatti, è solo nel 2006, con l’art. 35, comma 7, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. decreto Bersani), che è stato introdotto nel nostro ordinamento il delitto di omesso versamento dell’IVA.

Il testo dell'art. 10- ter del D. Lgs. 74/2000, così come modificato dal D. Lgs. 158/2015, prevede che <<È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta>>.

L'omesso versamento Iva integra dunque un reato con le seguenti caratteristiche:

  • proprio: l'agente può essere solo il soggetto tenuto a versare l'Iva
  • istantaneo: il momento consumativo del reato coincide con lo scadere del termine entro il quale deve essere effettuato il versamento;
  • doloso, ma attenzione, punito a titolo di dolo generico, quindi è sufficiente la coscienza e la volontà di non versare all'Erario quanto dovuto a titolo di Iva entro lo scadere del termine, non è necessaria l'intenzione, specifica, di evadere l'imposta.

Inquadrato l'assetto normativo di riferimento, è importante capire se una crisi di liquidità attraversata dall’impresa - come potrebbe avvenire per effetto della crisi economica provocata dall'emergenza epidemiologica oggi in corso - possa o meno essere considerata “forza maggiore” e, dunque, integrare una circostanza idonea ad escludere il reato di omesso versamento dell’Iva.

Nello specifico, occorre chiarire quando possa essere escluso il dolo generico d'evasione, previsto dalla fattispecie penale in considerazione.

In tal senso i criteri-guida di valutazione della condotta del soggetto cui viene contestato l'omesso versamento Iva possono essere rinvenuti nella circolare n. 12 emessa in data 2 aprile 2013 da parte della Fondazione Centro Studi dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (UNGDC). Tale documento prevede alcuni principi che possono essere così riassunti:

  • il soggetto tenuto a versare l'Iva deve attraversare una vera a propria crisi di insolvenza (intesa come incapacità di fare fronte alle proprie obbligazioni) e non una crisi di liquidità meramente temporanea:
  • la crisi di insolvenza deve aver avuto origine in un momento antecedente rispetto alla scadenza del termine per eseguire il versamento ma, al contempo, dev'essere ancora in atto alla scadenza del suddetto termine, quindi non deve essere già terminata;
  • last but not least.... in quanto è forse l'aspetto più importante, la causa di tale crisi non deve essere in alcun modo imputabile all'imprenditore.

Al fine di chiarire la rilevanza penale dei principi sopra esposti occorre però prendere in considerazione la posizione assunta dalla giurisprudenza rispetto all'applicabilità dell'esimente della “forza maggiore”, come causa di esclusione della punibilità, prevista e disciplinata dall'art. 45 c.p. ciò in quanto, al verificarsi di una causa di forza maggiore non sussiste la coscienza e la volontarietà della condotta da parte dell'agente e, dunque, non è ravvisabile l'elemento psicologico del reato, che quindi non è punibile.

L'esimente in questione sussiste in tutti i casi nei quali l'agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge, ma per cause indipendenti dalla sua volontà non abbia potuto impedire l'evento o la condotta antigiuridica.

Ebbene, analizzando l'applicabilità dell'esimente della forza maggiore al reato in questione, non può che rilevarsi come la giurisprudenza affermi letteralmente che “la forza maggiore sussiste solo e in tutti quei casi in cui la realizzazione dell'evento stesso o la consumazione della condotta antigiuridica è dovuta all'assoluta ed incolpevole impossibilità dell'agente di uniformarsi al comando” (In tal senso: Cassazione, III Sezione penale, sentenza n. 50007 del 11 dicembre 2019).

Al riguardo si sottolinea come la giurisprudenza abbia altresì ribadito che la circostanza che l'impresa si trovi in una situazione di crisi e scelga di destinare risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell'ordinario rischio di impresa e che non può certamente comportare l'inadempimento dell'obbligazione fiscale contratta con l'erario.

In sostanza, la Cassazione è granitica nell'affermare come la causa di forza maggiore di cui all'art. 45 c.p., possa essere ritenuta sussistente solo laddove il soggetto debitore dell'erario dimostri che la crisi, oltre che non essergli imputabile, non sia stata fronteggiabile tramite il ricorso ad apposite procedure da valutarsi in concreto, non ultimo il ricorso al credito bancario. L'imprenditore deve quindi provare di aver posto in essere, senza successo per causa a lui non imputabile, tutte le misure (anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale) idonee a reperire la liquidità necessaria per adempiere il proprio debito fiscale.

Rispetto alla situazione attuale, sulla base del quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato si può dunque rilevare come possibili margini di applicabilità dell'esimente della forza maggiore potranno sussistere solo laddove:

1- la crisi economica attraversata dall'impresa trovi come unica causa l'emergenza epidemiologica attuale, non in quei casi in cui l'impresa avesse già difficoltà economiche pregresse, e, al contempo,

2 - il soggetto obbligato non abbia potuto fronteggiare altrimenti la crisi, attuando tutte le procedure e misure possibili (compreso il ricorso al credito bancario o la destinazione di parte del patrimonio personale).

 

Conclusioni

Considerando i possibili scenari economici che allo stato, possono essere ipotizzati per il futuro, l'esimente della forza maggiore sembrerebbe essere destinata ad operare come “paracadute” unicamente per quegli imprenditori accorti che, nonostante abbiano sempre gestito l'attività in modo efficiente, si siano trovati, a causa della crisi economica innescata dall'emergenza coronavirus, a dover scegliere se dare priorità alla continuità aziendale o al rispetto degli obblighi di natura tributaria.

Nulla di tutto ciò potrà però verificarsi per quelle imprese che già si trovavano a combattere contro una situazione di difficoltà economica, aggravata ulteriormente  dalla crisi provocata dall'emergenza epidemiologica oggi in corso.

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