Molti contratti di locazione commerciale contengono una clausola che prevede l'adeguamento del canone su base annuale secondo gli indici di rivalutazione monetaria (Istat) in via automatica, senza necessità di richiesta espressa da parte del locatore.
Una domanda che spesso sorge nella prassi applicativa è fino a che punto possa operare tale automatismo.
Accade non di rado che il locatore operi, magari dopo vari anni, una sorta di “conguaglio” sui canoni di locazione, andando a richiedere al conduttore il pagamento delle somme maturate a titolo di aggiornamento Istat del canone di locazione, senza che esso sia stato esplicitamente richiesto prima di quel momento, invocando la clausola del contratto di locazione che prevede “l'aggiornamento automatico del canone di locazione secondo gli indci di rivalutazione monetaria (Istat)”.
E qui sorgono i problemi.
Comprensibilmente, parte conduttrice contesta la correttezza della domanda avanzata dalla proprietà che, pur avendone avuto la possibilità, mai abbia richiesto di aggiorare il canone di locazione, salvo poi decidere, successivamente, di agire per ottenere gli “arretrati”.
A tali rimostranze, in genere, i locatori replicano fondando la loro domanda sulla possibilità, contrattualmente stabilita, di applicare automaticamenete l'adeguamento Istat, senza necessità di esplicita richiesta.
Per comprendere se una simile domanda avanzata dala proprietà sia legittima occorre, prima di tutto, esaminare la normativa vigente e, poi, valutare come la giurisprudenza abbia interpretato tale disposizione.
L'art. 32 della l. 392/1978 prevede che “Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira”.
Già dalla semplice lettura dell'art. 32 della Legge sull'Equo Canone sembrerebbe potersi smentire la legittimità dell'automatismo sopra descritto. Ciò in quanto tale disposizione, ai fini dell'applicazione dell'adeguamento Istat preveda un duplice requisito:
1 - la previsione contrattuale (“le parti possono convenire ….”);
2 - la specifica richiesta del locatore (“su richiesta del locatore”).
Delineato il quadro normativo, la risoluzione del quesito sopra prospettato non può tuttavia prescindere dall'analisi della giurisprudenza intervenuta su questo tema.
Ebbene, esaminando le pronunce susseguitesi nel tempo (Cfr. Cass.civ., sent. n. 6490/2017, 3014/2012, 24753/2008 e 14673/2003) non può che rilevarsi come la giurisprudenza sia granitica nello stabilire che la richiesta da parte del locatore di aggiornamento del canone secondo gli indici Istat, sebbene non debba rivestire una forma particolare, è condizione per il sorgere del diritto ad ottenerne il pagamento.
In pratica, il locatore può pretendere il pagamento del canone aggiornato solo a partire dal momento della richiesta, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati.
Non solo.
La Cassazione ha altresì chiarito che la clausola con la quale le parti convengono l'aggiornamento automatico del canone di locazione, senza necessità di richiesta espressa da parte del locatore o che miri ad esonerare il locatore dall'onere di effettuare la richiesta di adeguamento Istat anno per anno, è nulla, ai sensi dell'art. 79 l. 392/1978, in quanto diretta ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto con quanto previsto dall'art. 32 l. 392/1978.
Per quanto sopra, non può che rilevarsi l'opportunità e la necessità che il locatore espliciti annualmente la richiesta di adeguare il canone di locazione secondo gli indici Istat, dal momento che l'eventuale scelta di agire successivamente per ottenere gli arretrati, sebbene possa apparire corretta sulla base del testo del contratto sottoscritto dalle parti, non risulta avallata né dalla normativa vigente, né dalla giurisprudenza.
Avv.to Alice Maina